Poseidone
La grande divinità del mare, pei Greci, corrispondente a quella del latino
Nettuno.
Nettuno
Grande divinità latina, per molti dei suoi attributi identificabile col
Poseidòne dei Greci, figlio di Cròno o Saturno e di Rèa, e fratello di Giove
che, divenuto sovrano degli dei, nella ripartizione dei domini gli assegnò
l'assoluta signoria del mare e di tutte le minori divinità marine. Anche di lui
la leggenda favoleggia che la madre, quando l'ebbe partorito per sottrarlo alla
voracità del marito, nascostolo in una stalla di pecore avrebbero fatto ingoiare
a Saturno un vitello in cambio della pietra con cui aveva già sostituito Giove.
Egli era rappresentato impetuoso e collerico pronto a scatenare, con un colpo
del suo tridente, le più fiere tempeste e sconquassare contro le rocce le navi
affidate al suo elemento; ma anche a racquietare, con un cenno, la furia delle
onde. Si favoleggiava avesse un meraviglioso palazzo in fondo al mare, dal quale
emergeva sopra un cocchio formato da un'immensa conchiglia, tirato da due verdi
cavalli, dalle unghie di bronzo, e il corpo dei quali finiva nella coda del
pesce -e ai quali si dava il nome di Ippocampi. - Era ritratto vigoroso nella
tozza persona, mezzo nudo, col capo cinto da una verde corona, stringendo nel
pugno come scettro il tridente, preceduto da un Tritòne che suonava in una
ritorta conchiglia come in una tomba, in mezzo ad un festante corteo di altri
Tritoni e di Nereidi. Innamoratosi di Anfitrite, riuscì a vincere la ripugnanza
di lei - che, per sfuggirlo, si era rifugiata sulle balze del monte Atlante -
con le eloquenti insistenze di un delfino che, inviato da lui a perorare la
causa del suo amore non corrisposto, persuase la bella fuggitiva alla resa a
discrezione. Da lei Nettuno ebbe solo un figlio, Tritone; ma molti da altre,
come quasi tutti gli dei. Quando i Titani mossero guerra a Giove, egli lo aiutò
con tutto il suo potere, e li tenne prigionieri nelle regioni occidentali, dove
il divino fratello li aveva relegati, stringendoli in cosi augusti; confini da
far credere che li tenesse imprigionati nell'Inferno. dove egli non aveva alcuno
dei poteri assegnati invece a Plutone. Quando Latona, perseguitata da Giunone,
trovò asilo nella vagante isola di Delo, Nettuno le venne in aiuto, rendendo
stabile l'isola e assicurandola, con solide colonne, al fondo del mare. Egli
aiutò anche Apollo a rimettere in piedi le mura di Troia, sperimentando
l'ingratitudine del re Laomedonte, ch'egli punì mandando nel paese del fedifrago
uno spaventevole mostro al quale Laomedonte fu costretto di offrire in pasto la
propria figliuola Esiòne che, però, Ercole giunse in tempo a salvare. Respinto
da Corònide figlia di Coronèo, re della Ficide, la perseguitò con le sue
proteste amorose finché Minerva gliela sottrasse, mutandola in una cornacchia.
Ebbe una fiera contesa con Marte che gli aveva ucciso uno dei suoi figli,
Alirrozio reo d'aver tentato di usare violenza ad Alcippe, figlia di Marte; e lo
citò a comparire in giudizio dinanzi agli dei, i quali, però, gli diedero torto.
Quando Ino, perseguitata, non senza ragione. dal marito Atamante. si gettò in
mare col figlioletto Melicèrte o Melicèrta, Nettuno, cedendo alle preghiere di
Venere, ricevette nel numero delle divinità marine madre e figlio. Non si sa
bene per quali servigi resigli dall'eroe ateniese Teseo, Nettuno gli aveva
promesso di appagare tre preghiere che gli avesse rivolte: e siccome Teseo gli
chiese di castigare il proprio figlio Ippolito, accusato dalla moglie Fedra di
attentare al suo onore, Nettuno lo accontentò facendo uscire dal mare un mostro
che spaventò i cavalli attaccati al carro di Ippolito, i quali lo trascinarono
in mare, dov'egli peri dilaniato dagli scogli. L'empietà di Aiace Oilèo fu
severamente punita da Nettuno il quale, avendolo sentito sfidare gli dei -
mentre, rifugiatosi, naufrago, sopra uno scoglio, gridava che si sarebbe salvato
a loro dispetto - con un colpo di tridente fece crollare lo scoglio, gridava che
si sarebbe salvato a loro dispetto - con un colpo di tridente fece crollare lo
scoglio, ed Aiace fu inghiottito dalle onde. Ma soprattutto su di Ulisse - che
gli aveva accecato il figlio Polifemo. sfidandolo a farsi restituire l'occhio
dal padre divino - Nettuno fece cadere tutto il peso della sua collera
vendicativa, perseguitandolo, nella lunga traversata dall'isola di Calipso alla
terra dei Feàci, con terribili tempeste. Durante una di queste in vicinanza del
promontorio Retèo, sul Bosforo Tracio, dove sorgeva la tomba di Aiace Telamonio
- privato, per le mali arti d'Ulisse, delle gloriose armi d'Achille ed uccisosi
per la gloria strappatagli dal Laerziale -con un'onda più impetuosa delle altre,
Nettuno strappò le fatali armi dalla nave d'Ulisse e le sospinse, come trofeo di
giusta riparazione all'ingiustizia, sulla tomba di Aiace. A lui erano sacri il
delfino, ed il pino col quale sarebbero state costruite le prime navi: e il suo
culto era largamente diffuso in tutta la Grecia, paese essenzialmente
mediterraneo: e soprattutto nella città di Corinto, dove furono istituiti, in
suo onore, i famosi Giuochi Istmici. A Roma, l'attributo principale che gli fu
riconosciuto fu di divinità tutelare dei cavalli e delle corse; e gli fu
assegnata come moglie, in luogo di Anfitrite, la dea Salacia dal latino salum
che designa il mare agitato. burrascoso, piuttosto che da sai, che designa il
sale.